Il Primo Maggio 2013 in Italia è stato
vissuto maggiormente da tre piazze: Roma, Napoli e Taranto; se a Roma è tutto
come ogni anno e come da ogni anno a questa parte, Napoli è balzata alle
cronache solamente per gli scontri fra operai e poliziotti, Taranto è stata la
sopresa non-sorpesa: ma tenuta volutamente al margine della rappresentazione da
comunicazione ufficiale: proprio per l'organizzazione veramente dal basso della
giornata e la forza dimostrata dagli operai, specie dell'Ilva - che tra l'altro
c'hanno accolto a braccia aperte e raccolto solidarietà a buone dosi; perché
nella "città di ferro" (Arminio) è più lampante e adesso perfino
testimoniata la lotta intestina e infinita tra diritti. Dove diritto a lavoro e
diritto alla salute non camminano insieme. Anzi praticamente si confondono,
quando non proprio scontrano apertamente, al posto storicamente occupato dal
conflitto capitale-lavoro. E diversi libri da diversi anni stanno uscendo dal
fuoco tarantino. Cristina Zagaria, nato proprio a Taranto e giornalista di
Repubblica a Napoli, trentasettenne però già autrice d'altri importanti opere
impregnate di realtà, è la firma del più recente romanzo ambientato nella
polvere rossa e nella salute intossicata, "Veleno". Che quindi
racconta "La battaglia di una giovane donna nella città ostaggio
dell'Ilva" dei ricchissimi e dannati che mai saranno, Riva (adesso i
giudici provano a bloccar loro averi per oltre 8 milioni d'euro: introvabili!).
Abbiamo incontrato per la prima volta la scrittura impegnata di questa
scrittrice nel 2006 ("Miserere. Vita e morte di Arminda Misere. Servitrice
dello stato, Flaccovio Editore), e grazie alla sua accorata narrazione mai
dimenticheremo la storia della direttrice di carceri Arminda Miserere. Oggi,
invece, dopo altri omaggi che sono rivalutazione del sociale, l'autrice - che
di sfuggita di persona abbiamo incontrato solamente una volta nella città dei
Sassi - fa entrare in libreria una trasposizione letteraria delle vicende della
farmacista tarantina Daniela Spera, donna e professionista impegnata nella
lotta contro il mostro. Un romanzo costruito durante lo sviluppo dello
stabilimento siderurgico, fino certamente al 14 marzo 2013. Ma sappiam bene
quanto la Storia non finisca lì. Daniela, dunque, nel romanzo d'inchiesta
Veleno è l'emblema delle vite che non si rassegnano al dominio dei mostri, del
siderurgico e dei padroni che lo posseggono. Tornata da Parigi, trova una
Taranto che non s'aspettava. E il dolore dei personaggi di Veleno si fa meno
solitario dove Zagaria mette in sequela relazioni resi da discorsi diretti
altamenti significativi, perché universali e 'territoriali'. Davvero i dati del
male e dell'involuzione volute per Taranto e per i tarantini sono dettati senza
che divengano tormentone da rivista scandalistica oppure da pagina riempita.
Perché il romanzo civile di Cristina Zagaria, nonostante le appendici e il
sangue di storie vere e dunque rintracciabili, di morti necessariamente
rendicontate e quindi malattie che continua a crescer nello stomaco della
comunità tarantina, è sviluppato in rapporti genitori-figli come
operaio-operaio. Oltre dunque la sola e necessaria lotta. Ma l'immagine più
bella ce l'hanno sicuramente offerta proprio i due volontari che durante il
concerto tarantino mostravano copie del romanzo alla stregua di strumenti di
battaglia. Che sapere è necessario. Conoscere, indispensabile. Il rosso polvere
e il nero polvere sottili, altro patrimonio del massacro consumato su e dentro
Taranto, la giovane giornalista e scrittrice Zagaria lo toglie dalle case della
popolazione tarantina per farcelo sentire in ognuno dei nostri giorni. Zitti
non si può stare. Fermi difficilmente si riuscirà a stare. Dagli spazi
geografici più vicini e da quelli più lontani alla Taranto non vinta, è
obbligatorio intanto ascoltare.
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