giovedì 3 gennaio 2013

Becco Giallo



“Come è nato il vostro progetto? - “Partiamo da dove non è nato: dal mondo del fumetto. Nessuno di noi, in casa editrice, è disegnatore, nessuno è sceneggiatore di storie per immagini. Nessuno, insomma, è un “esperto” di fumetti, al massimo puntiamo a essere dei discreti lettori. Ecco, forse il nostro progetto editoriale nasce da una più generale e condivisa passione per la narrazione, unita al piacere (un po’ perverso e ostinato, di questi tempi) di raccontare la realtà che ci circonda. Credo che questo, a ben vedere, ci abbia più avvantaggiati che il contrario, perché ci ha costretti a essere curiosi, pieni di dubbi, attenti a ogni particolare. Come accade quando si ha di fronte qualcosa di nuovo e affascinante.”

In che modo lavorate? - “Il nostro lavoro viene spesso paragonato a ciò che si fa in una redazione giornalistica. Si buttano sul tavolo delle proposte per delle storie che ci piacerebbe raccontare ai lettori, si valutano una per una sulla base di fattori a volte molto diversi l’uno dall’altro (il potenziale interesse per il lettore, le possibilità di un riscontro mediatico, la fattibilità tecnica e così via), poi si raccolgono materiali di prima documentazione (foto, articoli, libri, film, atti processuali, sopralluoghi, interviste), quindi si comincia a pensare a chi, fra gli autori che abbiamo conosciuto, potrebbe essere la persona giusta per provare a scrivere o disegnare quella particolare storia. A ben vedere, è un mestiere che ha molti punti in comune con quello di chi si prepara a realizzare un film documentario su un particolare accadimento.”

Chi siamo - BeccoGiallo

Perché scegliere di raccontare realtà, spesso delicate, attraverso il fumetto? - “Perché raccontarle attraverso il cinema o la televisione, allora? Il fumetto per noi non è un genere (o peggio, un sottogenere) di qualcosa d’altro (cinema?). Il fumetto è niente più e niente meno che un linguaggio, esattamente come la musica o la televisione: banalizzando, è un sistema strutturato di segni (verbali e non verbali) che, al pari degli altri linguaggi, può essere utilizzato (da qualcuno) bene oppure male (secondo qualcuno), per intrattenere, per informare, per fare propaganda, per altre cose ancora fra cui per provare a raccontare la realtà in cui viviamo. Per noi, in potenza, non ci sono realtà più delicate di altre. Lo è il delitto Pasolini come l’odissea di un giovane operaio che decide di volersi “sbattezzare”. Se mai, ci accorgiamo che alcune realtà possano interessare, mediamente, più persone di altre.”

Credete che il fumetto, come forma di giornalismo (di cronaca, di reportage, di inchiesta), possa avere un futuro? Possa allargarsi ad un pubblico più ampio? - “Crediamo di sì. Gli esempi del Pulitzer assegnato ad Art Spiegelman, i lavori di Joe Sacco e Marjane Satrapi sono segnali incoraggianti. Come lo è il livello crescente di attenzione mediatica che riscuote la narrazione a fumetti. Certo, la domanda di fumetto in Italia non è paragonabile a quella di altri paesi, però la sfida degli editori è quella di provare a produrre proposte editoriali convincenti, nuove, fatte con onestà e con rigore.””

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